RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Macelleria di governo con «piena fiducia»

Genova, 20 maggio 2010

Macelleria di governo con «piena fiducia»
di Alessandra Fava

Oltre cento anni di carcere in appello per 25 agenti. Condannati il capo dell'antiterrorismo Gratteri, Luperi, oggi all'Aisi, e Canterini.
Le vittime: «Ora vanno cacciati via»
Maroni e Mantovano difendono i vertici della polizia

Per dodici ore dalla lettura della sentenza di appello che ha condannato a oltre un secolo i vertici della polizia italiana coinvolti nell'assalto alla scuola Diaz durante il G8 genovese del 2001, dal Viminale solo silenzio.
Poi un coro di rassicurazioni: «Questi uomini hanno e continuano ad avere la piena fiducia del sistema sicurezza e del ministero dell'Interno», ha detto il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano ieri in tarda mattinata.
Poi nel pomeriggio da Bari il ministero dell'interno Roberto Maroni ha rafforzato il concetto: «L'opinione ufficiale del Viminale è stata espressa dal sottosegretario Mantovano.
La sottoscrivo al cento per cento, non ho niente da aggiungere se non ribadire la fiducia per le persone che sono state coinvolte».
La spina comunque rimane: quasi un secolo di carcere per 25 dei 28 poliziotti imputati, una condanna a quattro anni per Giovanni Luperi, oggi capo del dipartimento di analisi all'Aisi (l'ex Sisde), altri 4 anni per Francesco Gratteri, ex direttore dello Sco, oggi capo dell'antiterrorismo, 5 anni a Vincenzo Canterini, allora capo del VII nucleo, e 4 anni ai capisquadra per lesioni non sono cosa da poco.
Ma secondo il sottosegretario «la Corte di Cassazione ristabilirà l'esatta proporzione di ciò che è successo».
Al contrario, nel silenzio del Pd, Vittorio Agnoletto, allora portavoce del Genoa Social Forum, e Antonio Bruno di Rifondazione comunista-Sinistra italiana chiedono che «tutti i condannati siano immediatamente rimossi dai loro incarichi ed espulsi dalla polizia». Della stessa opinione Gigi Malabarba di Sinistra critica: «C'è ora quanto meno l'obbligo morale e politico di rimuovere subito dai loro incarichi Gratteri, Luperi e tutti i dirigenti promossi proprio per quella mattanza e di rivedere il processo al capo della catena di comando, Gianni De Gennaro, allora capo della polizia e oggi di tutti i servizi segreti italiani».
Magistrati e avvocati delle parti civili intanto definiscono storica la sentenza letta l'altro ieri poco prima di mezzanotte nell'aula bunker del Tribunale di Genova dalla terza sezione della Corte d'appello presieduta da Salvatore Sinagra. «Storica ma non basta - commenta Emanuele Tambuscio, uno degli avvocati delle parti lese - ci auguriamo che porti le istituzioni a ripensare le forze dell'ordine». Magari istituire delle commissioni ad hoc sull'operato della polizia, come rimarca un comunicato stampa delle parti offese diramato già nella notte.
Laura Tartarini, un altro degli avvocati genovesi che ha seguito i processi, commenta che «è il momento di porsi il problema su come agisce la polizia contro cittadini fermati per la strada e gli altri episodi di violenza e sopraffazione che abbiamo visto in questi mesi. In Italia c'è un problema di abusi su normali cittadini come ha rilevato anche una relazione del Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Questa sentenza intanto sbaraglia la tesi delle poche mele marce».
Analizzando il dispositivo in attesa delle motivazioni, che arriveranno tra 90 giorni, si deduce che i magistrati d'appello, assolvendo l'ex questore Michele Burgio che contribuì a far arrivare le false molotov alla scuola, hanno respinto la tesi che a costruire la prova delle bottiglie incendiarie siano stati l'ex questore aggiunto romano Pietro Troiani (pur condannato a 3 anni e 9 mesi) e lo stesso Burgio e hanno invece accolto quella della catena di comando a lungo ricostruita dalla Procura.
Da lì la condanna di tutti i vertici coinvolti nella stesura dei falsi verbali e si seguito la condanna dei capisquadra Basili, Tucci, Cenni, Ledoti e Compagnoni per le lesioni o quella a di 3 anni e 8 mesi a Massimo Nucera per la finta coltellata.
La suspence era grande l'altra notte.
Nessuno contava su una sentenza favorevole a quasi nove anni dai fatti. Sinagra è partito dai reati prescritti, ma quando ha detto «Giovanni Luperi condannato a 4 anni di carcere» tutti i legali hanno strabuzzato gli occhi. La litania delle pene è continuata e si è colta subito la differenza rispetto al novembre del 2008, quando furono condannati praticamente solo Canterini e i suoi uomini.
Quando poi si apprende che sono riconosciute e raddoppiate le spese legali fino al primo grado (e saranno pagate subito), che sono riconosciute le attenuanti solo per un poliziotto e non per gli altri come successe in primo grado, che i «papaveroni» saranno interdetti dai pubblici uffici per cinque anni (se la Cassazione dovesse confermare), che viene riconosciuto persino il danno ai Legali democratici per il furto degli hard disk nella sede della Pascoli, sale un discreto mormorio e la stampa comincia il conto degli anni di condanna. Reagiscono in differita gli stranieri, ai quali Enrica Bartesaghi del comitato Verità e giustizia traduce man mano la sentenza. Covell a un certo punto con un urlo di commozione abbraccia il suo legale, Gilberto Pagani.
«A commentare la sentenza basta il sorriso di Lena - dice a caldo Haidi Giuliani - finalmente un briciolo di giustizia in questo paese».